La guida di Marco

Marco
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Visite turistiche

Il litorale abruzzese si estende in ben 150 chilometri con tratti sabbiosi ed acque dalle tonalità variopinte. La costa è in grado di regalare paesaggi e panorami incantevoli tutto l’anno ed è ricca di strutture balneari e ricettive pronte ad accogliere i turisti con tutto il calore e la disponibilità tipici dell’Abruzzo. Roseto insieme a Martinsicuro, Alba Adriatica, Tortoreto, Silvi e le vicine Giulianova e Pineto, delinea le cosiddette "sette sorelle", aree insignite nel corso degli anni della prestigiosa bandiera blu, simbolo di eccellenza ed elevata qualità dei servizi turistici e sinonimo di acque limpide e pulite. Roseto alterna tratti di costa selvaggi e incontaminati a spiagge sabbiose libere e naturali, stabilimenti balneari perfettamente attrezzati per ospitare gli amici dell’uomo, porti, marina, belvedere e pontili per una vacanza fantastica. Il territorio offre bellezze paesaggistiche e collinari superbe, la Riserva Naturale del Borsacchio che fonde spiaggia e natura, habitat di rare specie di uccelli e meta di turisti amanti degli spazi all’aria aperta e dei paesaggi incontaminati.
Roseto Degli Abruzzi station
Il litorale abruzzese si estende in ben 150 chilometri con tratti sabbiosi ed acque dalle tonalità variopinte. La costa è in grado di regalare paesaggi e panorami incantevoli tutto l’anno ed è ricca di strutture balneari e ricettive pronte ad accogliere i turisti con tutto il calore e la disponibilità tipici dell’Abruzzo. Roseto insieme a Martinsicuro, Alba Adriatica, Tortoreto, Silvi e le vicine Giulianova e Pineto, delinea le cosiddette "sette sorelle", aree insignite nel corso degli anni della prestigiosa bandiera blu, simbolo di eccellenza ed elevata qualità dei servizi turistici e sinonimo di acque limpide e pulite. Roseto alterna tratti di costa selvaggi e incontaminati a spiagge sabbiose libere e naturali, stabilimenti balneari perfettamente attrezzati per ospitare gli amici dell’uomo, porti, marina, belvedere e pontili per una vacanza fantastica. Il territorio offre bellezze paesaggistiche e collinari superbe, la Riserva Naturale del Borsacchio che fonde spiaggia e natura, habitat di rare specie di uccelli e meta di turisti amanti degli spazi all’aria aperta e dei paesaggi incontaminati.
Montepagano è arroccata sul cocuzzolo di una collina che si eleva a 286 metri sul livello del mare nel cuore del territorio comunale di Roseto. È un castello medievale racchiuso entro le mura ed ha avuto, nel corso dei secoli, tre porte: Porta di Borea, Porta Santa Caterina e Porta da Piedi. Il paese ha origini lontane nel tempo. Lo storico teramano Nicola Palma suppone che il nostro ‘monte’ ricavò il nome da Pagano, nipote e successore di Pietro Ardingo, “major omnibus Aprutiensis Comitatus o da alcun suo antenato di cui si fosse in lui ricreato il nome”. Cristoforo Scanello, detto ‘il cieco da Forlì’, invece asserisce che Monte Pagano fu “edificato dai Saraceni, ouero Pagani, che condusse il crudel Barbarossa nemico di Santa Chiesa”. Una fantasiosa origine di sapore orientale di Montepagano la inventò Michele Aiola in un racconto per i lettori del giornale Il Mattino di Napoli, racconto che poi concorse al premio giornalistico “Roseto” dell’estate 1959. Raccontò l’Airola che in tempi lontani un sultano, durante la navigazione della flotta ottomana alla volta di Venezia, impensierito da un grave malessere che aveva colpito le sue sette figlie, le sbarcò in una lieve insenatura a settentrione del Vomano, assieme alle loro ancelle preferite. Le fanciulle, appena a terra, guarirono quasi d’incanto e, messesi in cammino per sette diverse vie si ritrovarono sul monte. Col tempo le figlie del sultano e le ancelle familiarizzarono con i pastori e i bifolchi del luogo, s’innamorarono e si sposarono, dando origine a una colonia pagana. La versione più attendibile circa l’origine di Montepagano resta quella del Palma, l’unico storico abruzzese che si è largamente soffermato sulle vicende, sia pure ecclesiastiche, dell’antico borgo che nel corso dei secoli ha avuto ventotto chiese, delle quali, però, restano in piedi la chiesa della Santissima Annunziata, costruita all’inizio del XVII secolo in seguito ai miracoli di Maria Santissima; la chiesa di Santa Maria della Misericordia, alle spalle dell’Annunziata, detta pure di Sant’Anna; l’oratorio di San Liberatore, il Santo che liberò il castello dall’assalto dei turchi; la chiesa di San Rocco, fuori le mura, costruita nel 1527 in tempore pestis. Resta pure la torre o campanile della scomparsa chiesa di Sant’Antimo, che la tradizione attribuisce al Papa Sisto V, il quale nelle sue memorie ricorda che nel 1541, quando non aveva ancora cantato messa, aveva predicato a Monte Pagano. Montepagano, inoltre, è sede del Museo della Cultura Materiale, e ogni anno accoglie una importante "Mostra dei Vini" di livello nazionale. Durante l'anno, poi, sono diverse le iniziative e manifestazioni che ospita durante tutto l’anno, che richiamano visitatori e appassionati da tutto il territorio (il Presepe Vivente; il Concorso Nazionale di poesia inedita "Montepagano", la rassegna di poesia in lingua e in dialetto, i caratteristici mercatini di Natale; la manifestazione "Il Giusto Gusto", la Rievocazione della Trebbiatura con tutti i macchinari ricostruiti in scala da artigiani locali, il Montepagano Jazz Festival e molto altro ancora).
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Montepagano
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Montepagano è arroccata sul cocuzzolo di una collina che si eleva a 286 metri sul livello del mare nel cuore del territorio comunale di Roseto. È un castello medievale racchiuso entro le mura ed ha avuto, nel corso dei secoli, tre porte: Porta di Borea, Porta Santa Caterina e Porta da Piedi. Il paese ha origini lontane nel tempo. Lo storico teramano Nicola Palma suppone che il nostro ‘monte’ ricavò il nome da Pagano, nipote e successore di Pietro Ardingo, “major omnibus Aprutiensis Comitatus o da alcun suo antenato di cui si fosse in lui ricreato il nome”. Cristoforo Scanello, detto ‘il cieco da Forlì’, invece asserisce che Monte Pagano fu “edificato dai Saraceni, ouero Pagani, che condusse il crudel Barbarossa nemico di Santa Chiesa”. Una fantasiosa origine di sapore orientale di Montepagano la inventò Michele Aiola in un racconto per i lettori del giornale Il Mattino di Napoli, racconto che poi concorse al premio giornalistico “Roseto” dell’estate 1959. Raccontò l’Airola che in tempi lontani un sultano, durante la navigazione della flotta ottomana alla volta di Venezia, impensierito da un grave malessere che aveva colpito le sue sette figlie, le sbarcò in una lieve insenatura a settentrione del Vomano, assieme alle loro ancelle preferite. Le fanciulle, appena a terra, guarirono quasi d’incanto e, messesi in cammino per sette diverse vie si ritrovarono sul monte. Col tempo le figlie del sultano e le ancelle familiarizzarono con i pastori e i bifolchi del luogo, s’innamorarono e si sposarono, dando origine a una colonia pagana. La versione più attendibile circa l’origine di Montepagano resta quella del Palma, l’unico storico abruzzese che si è largamente soffermato sulle vicende, sia pure ecclesiastiche, dell’antico borgo che nel corso dei secoli ha avuto ventotto chiese, delle quali, però, restano in piedi la chiesa della Santissima Annunziata, costruita all’inizio del XVII secolo in seguito ai miracoli di Maria Santissima; la chiesa di Santa Maria della Misericordia, alle spalle dell’Annunziata, detta pure di Sant’Anna; l’oratorio di San Liberatore, il Santo che liberò il castello dall’assalto dei turchi; la chiesa di San Rocco, fuori le mura, costruita nel 1527 in tempore pestis. Resta pure la torre o campanile della scomparsa chiesa di Sant’Antimo, che la tradizione attribuisce al Papa Sisto V, il quale nelle sue memorie ricorda che nel 1541, quando non aveva ancora cantato messa, aveva predicato a Monte Pagano. Montepagano, inoltre, è sede del Museo della Cultura Materiale, e ogni anno accoglie una importante "Mostra dei Vini" di livello nazionale. Durante l'anno, poi, sono diverse le iniziative e manifestazioni che ospita durante tutto l’anno, che richiamano visitatori e appassionati da tutto il territorio (il Presepe Vivente; il Concorso Nazionale di poesia inedita "Montepagano", la rassegna di poesia in lingua e in dialetto, i caratteristici mercatini di Natale; la manifestazione "Il Giusto Gusto", la Rievocazione della Trebbiatura con tutti i macchinari ricostruiti in scala da artigiani locali, il Montepagano Jazz Festival e molto altro ancora).
La Riserva Naturale del Borsacchio è caratterizzata da un'area collinare ai piedi della quale si estende la piana costiera, alla quale segue la spiaggia, bassa e prevalentemente sabbiosa. Il territorio tra Roseto degli Abruzzi e la frazione di Cologna Spiaggia, tra il mare e la collina di Cologna Paese e Montepagano, rappresenta uno degli ultimi tratti del litorale abruzzese che conserva caratteri di integrità ambientale e paesaggistica, non ancora intaccati dal caotico sviluppo insediativo che ha interessato gran parte dei territori adriatici. Grazie ai volontari delle due associazioni, nell'ambito del Progetto Salvafratino Abruzzo, qui viene tutelato il Fratino, specie che nidifica sulla spiaggia, ormai a rischio estinzione in Italia a causa dell'occupazione di buona parte dei litorali italiani.
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Natural Reserve Borsacchio
12 Via Nazionale
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La Riserva Naturale del Borsacchio è caratterizzata da un'area collinare ai piedi della quale si estende la piana costiera, alla quale segue la spiaggia, bassa e prevalentemente sabbiosa. Il territorio tra Roseto degli Abruzzi e la frazione di Cologna Spiaggia, tra il mare e la collina di Cologna Paese e Montepagano, rappresenta uno degli ultimi tratti del litorale abruzzese che conserva caratteri di integrità ambientale e paesaggistica, non ancora intaccati dal caotico sviluppo insediativo che ha interessato gran parte dei territori adriatici. Grazie ai volontari delle due associazioni, nell'ambito del Progetto Salvafratino Abruzzo, qui viene tutelato il Fratino, specie che nidifica sulla spiaggia, ormai a rischio estinzione in Italia a causa dell'occupazione di buona parte dei litorali italiani.
L'approdo turistico “Portorose”, con i suoi 150 posti barca, è un piccolo ma organizzato porto-rifugio, situato a Nord della foce del fiume Vomano e gestito dal Circolo Nautico Vallonchini. Racchiuso in un luogo immerso nel verde, in una posizione privilegiata ed unica, è un raro esempio di felice convivenza tra servizi e ambiente infatti si trova ad un chilometro dal centro della rinomata località balneare in provincia di Teramo in una posizione privilegiata ed unica che accentua le potenzialità di sviluppo. L’approdo turistico di Roseto è particolarmente accogliente e rappresenta un importante punto di riferimento per numerosi appassionati diportisti. La sua posizione, la rende centro di forte richiamo per gli amanti della pesca sportiva in quanto si trova in una zona dell'Adriatico particolarmente ricca di pesce, meta obbligata per quanti amano I' avventura in mare. Per saperne di più: http://www.porto-rose.net INFO: 085.899058 Proposte di Viaggio, Itinerari & Idee Che decidiate di trascorrere nella nostra regione solo un weekend o un'intera vacanza, troverete qui spunti e suggestioni sui luoghi, le attività, i borghi e i percorsi più affascinanti per scoprire l'Abruzzo più autentico!
Porto Rose
1 Via Tamigi
L'approdo turistico “Portorose”, con i suoi 150 posti barca, è un piccolo ma organizzato porto-rifugio, situato a Nord della foce del fiume Vomano e gestito dal Circolo Nautico Vallonchini. Racchiuso in un luogo immerso nel verde, in una posizione privilegiata ed unica, è un raro esempio di felice convivenza tra servizi e ambiente infatti si trova ad un chilometro dal centro della rinomata località balneare in provincia di Teramo in una posizione privilegiata ed unica che accentua le potenzialità di sviluppo. L’approdo turistico di Roseto è particolarmente accogliente e rappresenta un importante punto di riferimento per numerosi appassionati diportisti. La sua posizione, la rende centro di forte richiamo per gli amanti della pesca sportiva in quanto si trova in una zona dell'Adriatico particolarmente ricca di pesce, meta obbligata per quanti amano I' avventura in mare. Per saperne di più: http://www.porto-rose.net INFO: 085.899058 Proposte di Viaggio, Itinerari & Idee Che decidiate di trascorrere nella nostra regione solo un weekend o un'intera vacanza, troverete qui spunti e suggestioni sui luoghi, le attività, i borghi e i percorsi più affascinanti per scoprire l'Abruzzo più autentico!
calanchi di Atri, è un’ oasi Wwf, un’area naturale protetta dell’Abruzzo adriatico. Si estende interamente per 380 ettari nel territorio del comune di Atri, antica città d’arte in provincia di Teramo. Presenta e custodisce i famosi “calanchi”, imponenti architetture naturali note anche come “bolge dantesche” o “scrimoni”. Sono originati dall’erosione del terreno argilloso, provocata dai continui disseccamenti e scorrimenti di acque piovane non contaminate. Si tratta di una delle forme più affascinanti del paesaggio collinare ad alta percentuale di sabbia e ricca di fossili marini la cui forma è mutevole e in continua evoluzione in base al dilavamento di acqua che vi scorre. L’interno dell’area protetta, presenta un ambiente molto vario, dai brulli calanchi a laghetti, macchie boschive e campi coltivati che si alternano continuamente formando una tavola di colori favolosa. Apparentemente inospitali, i calanchi accolgono una flora e fauna ricca e diversificata. Tra le specie vegetali, troviamo il cappero, il carciofo selvatico, il biancospino, la ginestra odorosa e la liquirizia. Tra le specie animali sono numerosi i rapaci diurni e notturni come la civetta, il gufo, la poiana, il barbagianni e lo sparviero. Tra i mammiferi, abbiamo il cinghiale, la volpe, la lepre, la faina e, l‘istrice, considerato il simbolo della riserva. A dare ulteriore importanza a questo posto, è il mistero che avvolge la “Pietra di S. Paolo”. Un grande blocco di pietra miracoloso, custodito all’interno di una piccola cappella che secondo la leggenda pare sia la pietra sulla quale fu decapitato San Paolo Apostolo e che abbia il potere di guarire da malformazioni ossee. Tipiche di questo luogo sono le “case in terra cruda o pingiare”, i cui ruderi sono ancora visibili e rappresentano la testimonianza di un’architettura delle genti povera e umile. Il materiale utilizzato per realizzare i mattoni delle case, era l’argilla che poi veniva cotta, ma non tutti potevano permettersi di comprare questi mattoni Si sviluppò così questa nuova tecnica, cioè quella dell’impasto dell’argilla cruda, impermeabile e flessibile, con paglia, sassi, mattoni rotti e altro materiale, fino a realizzare dei blocchi regolari.
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Riserva Naturale Regionale Calanchi di Atri
Via Colle della Giustizia
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calanchi di Atri, è un’ oasi Wwf, un’area naturale protetta dell’Abruzzo adriatico. Si estende interamente per 380 ettari nel territorio del comune di Atri, antica città d’arte in provincia di Teramo. Presenta e custodisce i famosi “calanchi”, imponenti architetture naturali note anche come “bolge dantesche” o “scrimoni”. Sono originati dall’erosione del terreno argilloso, provocata dai continui disseccamenti e scorrimenti di acque piovane non contaminate. Si tratta di una delle forme più affascinanti del paesaggio collinare ad alta percentuale di sabbia e ricca di fossili marini la cui forma è mutevole e in continua evoluzione in base al dilavamento di acqua che vi scorre. L’interno dell’area protetta, presenta un ambiente molto vario, dai brulli calanchi a laghetti, macchie boschive e campi coltivati che si alternano continuamente formando una tavola di colori favolosa. Apparentemente inospitali, i calanchi accolgono una flora e fauna ricca e diversificata. Tra le specie vegetali, troviamo il cappero, il carciofo selvatico, il biancospino, la ginestra odorosa e la liquirizia. Tra le specie animali sono numerosi i rapaci diurni e notturni come la civetta, il gufo, la poiana, il barbagianni e lo sparviero. Tra i mammiferi, abbiamo il cinghiale, la volpe, la lepre, la faina e, l‘istrice, considerato il simbolo della riserva. A dare ulteriore importanza a questo posto, è il mistero che avvolge la “Pietra di S. Paolo”. Un grande blocco di pietra miracoloso, custodito all’interno di una piccola cappella che secondo la leggenda pare sia la pietra sulla quale fu decapitato San Paolo Apostolo e che abbia il potere di guarire da malformazioni ossee. Tipiche di questo luogo sono le “case in terra cruda o pingiare”, i cui ruderi sono ancora visibili e rappresentano la testimonianza di un’architettura delle genti povera e umile. Il materiale utilizzato per realizzare i mattoni delle case, era l’argilla che poi veniva cotta, ma non tutti potevano permettersi di comprare questi mattoni Si sviluppò così questa nuova tecnica, cioè quella dell’impasto dell’argilla cruda, impermeabile e flessibile, con paglia, sassi, mattoni rotti e altro materiale, fino a realizzare dei blocchi regolari.
Il complesso di Santa Maria di Propezzano sorge sul luogo dove, secondo tradizione, apparve la Madonna nel lontano 715. Da allora e per tutto il Medioevo, la chiesa dedicata a "Santa Maria propitia pauperis" e l'annesso monastero rappresentarono un importante punto di riferimento lungo il percorso adriatico verso la Terra Santa. Stile gotico e romanico si confondono nel delineare la struttura architettonica dell’edificio, preceduto da un portico accanto al quale si apre la grandiosa Porta santa di scuola atriana (Raimondo del Poggio con probabile datazione 1315). La facciata è costituita da tre parti di diversa altezza; quella di destra è accorpata nel convento, mentre il corpo centrale ha un portico a tre archi sotto il quale si trova il portale e resti di affreschi quattrocenteschi, sopra il portico un oculo e più in alto un sobrio rosone; la parte di destra presenta un portale detto Porta Santa che viene aperto solo il 10 maggio e il giorno dell’Ascensione. Appena dietro troviamo la torre campanaria quadrangolare. L’interno della chiesa è a tre navate divise da archi a tutto sesto e conserva resti di affreschi quattrocenteschi. All’interno del convento (non sempre visitabile) si trova il chiostro quadrangolare del XVI secolo, con doppio ordine di arcate e pozzo nel mezzo; nelle lunette del chiostro ci sono resti di affreschi seicenteschi del pittore polacco Sebastiano Majewski e nella sala del refettorio affreschi del cinquecento con le storie della legenda di fondazione.
Abbazia di Propezzano
Il complesso di Santa Maria di Propezzano sorge sul luogo dove, secondo tradizione, apparve la Madonna nel lontano 715. Da allora e per tutto il Medioevo, la chiesa dedicata a "Santa Maria propitia pauperis" e l'annesso monastero rappresentarono un importante punto di riferimento lungo il percorso adriatico verso la Terra Santa. Stile gotico e romanico si confondono nel delineare la struttura architettonica dell’edificio, preceduto da un portico accanto al quale si apre la grandiosa Porta santa di scuola atriana (Raimondo del Poggio con probabile datazione 1315). La facciata è costituita da tre parti di diversa altezza; quella di destra è accorpata nel convento, mentre il corpo centrale ha un portico a tre archi sotto il quale si trova il portale e resti di affreschi quattrocenteschi, sopra il portico un oculo e più in alto un sobrio rosone; la parte di destra presenta un portale detto Porta Santa che viene aperto solo il 10 maggio e il giorno dell’Ascensione. Appena dietro troviamo la torre campanaria quadrangolare. L’interno della chiesa è a tre navate divise da archi a tutto sesto e conserva resti di affreschi quattrocenteschi. All’interno del convento (non sempre visitabile) si trova il chiostro quadrangolare del XVI secolo, con doppio ordine di arcate e pozzo nel mezzo; nelle lunette del chiostro ci sono resti di affreschi seicenteschi del pittore polacco Sebastiano Majewski e nella sala del refettorio affreschi del cinquecento con le storie della legenda di fondazione.
Prati di Tivo è una località turistica montana della regione Abruzzo, sita alle falde nord-orientali del massiccio del Gran Sasso d'Italia, alla base del versante settentrionale del Corno Piccolo, in provincia di Teramo, nel territorio del comune di Pietracamela, sede dell'omonima stazione sciistica, posta a 6 km dal centro storico del capoluogo e 40 km da Teramo e ricadente all'interno del parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.Il sito è meritevole di particolare attenzione paesaggistica, costituendo uno dei luoghi montani più caratteristici e famosi della provincia teramana (insieme ai Monti della Laga, Prato Selva, Monti Gemelli e alla dorsale orientale-meridionale del Gran Sasso), nonché uno dei punti di accesso alle maggiori vette del Gran Sasso. Dalla località, circondata da boschi di faggio dell'Aschiero e di mandorlo, è possibile osservare da vicino la parete settentrionale della cima più alta della catena degli Appennini continentali (Corno Grande) e l'asperità del suo aspetto calcareo-dolomitico.In estate la località offre diverse possibilità per la pratica del trekking e dell'alpinismo con ascensioni con diverso grado di difficoltà, difficoltose arrampicate su roccia o semplici camminate nei boschi di faggio. Sono caratteristiche le passeggiate che conducono in diversi luoghi quali: Madonnina del Gran Sasso in località Arapietra - il posto, oltre che a piedi, è raggiungibile anche con la cabinovia che arriva a quota 2.015 metri. Da qui in circa 1 ora e 20 minuti di camminata si arriva al rifugio Franchetti. Rifugio Franchetti - edificio ricettivo a quota 2.433 metri tra il Corno Grande e il Corno Piccolo. Il rifugio (con 23 posti letto) rappresenta una base di partenza per escursioni e scalate sul Gran Sasso. Ascensioni al Corno Grande e al Corno Piccolo, lungo i rispettivi versanti settentrionali e orientali. Sorgenti del rio Arno - attraverso la Valle del Rio Arno, la Val Maone e Campo Pericoli è possibile percorrere una lunga traversata e giungere a Campo Imperatore, mentre superando la sella di Cima Alta, cui si giunge prendendo la strada che continua a sinistra sul piazzale Amorocchi, si può arrivare nel comprensorio del comune di Isola del Gran Sasso. Marcia dei tre prati - manifestazione di trekking, con partenza da Prati di Tivo e arrivo a Prato Selva. Nella località sono stati anche allestiti: "Parco Avventura" - area attrezzata con giochi nell'ambiente del sottobosco che circonda parte del piazzale Amorocchi.[1] "Parco divertimenti" - un camposcuola per bambini, servito da tapis roulant. Sul fronte alpinistico Prati di Tivo è il luogo di partenza per molte delle ascensioni al Corno Piccolo e per le vette orientali e centrali del Corno Grande nei loro versanti nord-orientali attraverso il Vallone delle Cornacchie. Bike Park D'estate si può praticare la discesa in bici (downhill) fruendo degli impianti di risalita presenti. Il bike park Adrenaline ha a disposizione 6 piste da discesa, con partenza in bici dal punto più alto, la località La Madonnina, a una quota di 2.007 m, per raggiungere la zona degli alberghi a quota 1.465 m.
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Prati di Tivo
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Prati di Tivo è una località turistica montana della regione Abruzzo, sita alle falde nord-orientali del massiccio del Gran Sasso d'Italia, alla base del versante settentrionale del Corno Piccolo, in provincia di Teramo, nel territorio del comune di Pietracamela, sede dell'omonima stazione sciistica, posta a 6 km dal centro storico del capoluogo e 40 km da Teramo e ricadente all'interno del parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.Il sito è meritevole di particolare attenzione paesaggistica, costituendo uno dei luoghi montani più caratteristici e famosi della provincia teramana (insieme ai Monti della Laga, Prato Selva, Monti Gemelli e alla dorsale orientale-meridionale del Gran Sasso), nonché uno dei punti di accesso alle maggiori vette del Gran Sasso. Dalla località, circondata da boschi di faggio dell'Aschiero e di mandorlo, è possibile osservare da vicino la parete settentrionale della cima più alta della catena degli Appennini continentali (Corno Grande) e l'asperità del suo aspetto calcareo-dolomitico.In estate la località offre diverse possibilità per la pratica del trekking e dell'alpinismo con ascensioni con diverso grado di difficoltà, difficoltose arrampicate su roccia o semplici camminate nei boschi di faggio. Sono caratteristiche le passeggiate che conducono in diversi luoghi quali: Madonnina del Gran Sasso in località Arapietra - il posto, oltre che a piedi, è raggiungibile anche con la cabinovia che arriva a quota 2.015 metri. Da qui in circa 1 ora e 20 minuti di camminata si arriva al rifugio Franchetti. Rifugio Franchetti - edificio ricettivo a quota 2.433 metri tra il Corno Grande e il Corno Piccolo. Il rifugio (con 23 posti letto) rappresenta una base di partenza per escursioni e scalate sul Gran Sasso. Ascensioni al Corno Grande e al Corno Piccolo, lungo i rispettivi versanti settentrionali e orientali. Sorgenti del rio Arno - attraverso la Valle del Rio Arno, la Val Maone e Campo Pericoli è possibile percorrere una lunga traversata e giungere a Campo Imperatore, mentre superando la sella di Cima Alta, cui si giunge prendendo la strada che continua a sinistra sul piazzale Amorocchi, si può arrivare nel comprensorio del comune di Isola del Gran Sasso. Marcia dei tre prati - manifestazione di trekking, con partenza da Prati di Tivo e arrivo a Prato Selva. Nella località sono stati anche allestiti: "Parco Avventura" - area attrezzata con giochi nell'ambiente del sottobosco che circonda parte del piazzale Amorocchi.[1] "Parco divertimenti" - un camposcuola per bambini, servito da tapis roulant. Sul fronte alpinistico Prati di Tivo è il luogo di partenza per molte delle ascensioni al Corno Piccolo e per le vette orientali e centrali del Corno Grande nei loro versanti nord-orientali attraverso il Vallone delle Cornacchie. Bike Park D'estate si può praticare la discesa in bici (downhill) fruendo degli impianti di risalita presenti. Il bike park Adrenaline ha a disposizione 6 piste da discesa, con partenza in bici dal punto più alto, la località La Madonnina, a una quota di 2.007 m, per raggiungere la zona degli alberghi a quota 1.465 m.
Gabriele dell'Addolorata, al secolo Francesco Possenti (Assisi, 1º marzo 1838 – Isola del Gran Sasso d'Italia, 27 febbraio 1862), è stato un religioso italiano della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Proclamato santo nel 1920 da papa Benedetto XV, la sua memoria liturgica è celebrata il 27 febbraio. È patrono della regione Abruzzo, della Gioventù cattolica italiana e del comune di Martinsicuro e della città di Civitanova Marche e del Comune di Bovolenta (Padova).Undicesimo di tredici figli, Francesco nacque ad Assisi, città che il padre Sante Possenti, nobile ternano e governatore pontificio sotto Gregorio XVI prima, e Pio IX dopo, fu incaricato di presiedere. I genitori Sante Possenti ed Agnese Frisciotti si erano sposati a Civitanova Marche, città natale di lei, nel Santuario di San Marone, il 13 maggio 1823. All'età di quattro anni morì la madre, e la famiglia seguì i vari spostamenti che la professione paterna comportava. Questo fino a quando si stabilirono a Spoleto dove Francesco frequentò gli insegnamenti dei Fratelli delle scuole cristiane e dei Gesuiti[1]. Egli conduceva una vita normale per un ragazzo della sua età e della sua epoca. Era noto per la sua personalità affettuosa ed estroversa. Rischiò una volta la vita in un incidente di caccia. Come un qualunque giovane suo coetaneo Francesco attirava l'attenzione delle ragazze della città. Durante una malattia, ancora ragazzino, promise di diventare religioso se fosse guarito. Guarì due volte, ma egli procrastinò questo impegno. Francesco andava bene a scuola, nonostante un'infanzia marcata dalla morte di tre sorelle e soprattutto della madre.[«Voglio fare solo la volontà di Dio, non la mia. Possa essere sempre fatta l'adorabile, amabile, più perfetta volontà di Dio» (San Gabriele dell'Addolorata) La camera dove alloggiò l'8 luglio 1859, nella chiesa di Santa Maria a Mare a Giulianova L'urna con i resti di S. Gabriele nel moderno santuario Durante la processione dell'icona del duomo di Spoleto, il 22 agosto 1856, Francesco sentì una voce interiore (locuzione mariana) che lo invitava a lasciare la vita borghese per farsi religioso passionista. Nonostante le forti difficoltà presentategli dal padre, Sante Possenti, Francesco fu in grado di vincere tutti i suoi argomenti e di persuaderlo della natura genuina della sua vocazione religiosa. Francesco prese i voti nella comunità passionista, assumendo il nome di 'Gabriele dell'Addolorata', che rifletteva la sua devozione - radicata in lui fin dall'infanzia, tra l'altro, da una statuetta della Pietà che la madre conservava in casa - per la Madonna Addolorata. Al termine del noviziato pronunciò il voto tipico dei passionisti: quello di diffondere la devozione al Cristo Crocifisso, in seguito emise anche quello di diffondere la devozione alla Vergine Addolorata. I suoi scritti (epistolario e pagine di spiritualità) riflettono questa sua stretta relazione con il Signore e la Vergine Maria. In particolare, nelle Risoluzioni descrive in dettaglio la via che seguì per raggiungere tale unità con la Passione di Cristo e i dolori di Maria, conseguendo così la perfezione secondo la regola passionista.Trascorse sei anni nella congregazione passionista (1856-1862). Dopo studi filosofici a Pieve Torina, nelle Marche, si recò in Abruzzo per compiere studi teologici, trovando ospitalità, durante il viaggio dell'8 luglio, verso Isola del Gran Sasso, a Giulianova, nella chiesa di Santa Maria a Mare, ove è ancora conservata la camera in cui alloggiò. Verso gli ultimi due anni, quando era già in comunità a Isola del Gran Sasso d'Italia presso il ritiro della Concezione (1859-1862), venne colpito dalla tubercolosi ossea, ma si sforzò sempre di seguire in tutto la vita regolare conventuale compatibilmente con la sua situazione di malattia. Fino a due mesi precedenti la morte poté seguire le celebrazioni liturgiche. Mantenne fino alla fine la sua abituale serenità di animo, al punto che gli altri confratelli erano desiderosi di passare del tempo al suo capezzale, oltre ai normali doveri di assistenza. Gabriele si rassegnò totalmente alla sua morte imminente. Prima che potesse venire ordinato sacerdote, per motivi di salute e per i motivi politici (l'Abruzzo era da poco passato dal regno delle Due Sicilie al regno d'Italia), Gabriele morì, all'età di soli 24 anni, nel suo monastero passionista, stringendo al petto un'immagine della Madonna Addolorata. Ogni anno numerosi pellegrini si recano nel santuario di San Gabriele ad Isola del Gran Sasso per visitare la sua tomba e il convento dove visse gli ultimi anni, per accostarsi ai sacramenti della penitenza (confessione) e dell'eucaristia. Il culto di san Gabriele è diffuso soprattutto in Abruzzo, in Italia centrale, specialmente fra i giovani cattolici italiani, ed emigranti italiani ne hanno diffuso il culto anche negli Stati Uniti d'America, in America Centrale e Meridionale in Canada ed Australia. Il culto del santo viene spanto anche dalla Congregazione della passione di Gesù Cristo a cui appartenne Gabriele. Numerose persone hanno riferito di miracoli ottenuti attraverso la sua intercessione e patrocinio. Santa Gemma Galgani sostenne che per intercessione di san Gabriele era guarita da una grave malattia. Con il suo esempio la santa lucchese definì meglio la sua vocazione passionista. Un'altra testimonianza della mano miracolosa del giovane Santo proviene dal Veneto, ove vive la signora Albina Gomiero. Nipote di un ex-parroco Monsignore del trevigiano, narra che da piccola era ormai condannata a morire per una grave malattia. Fino alla notte in cui le apparve in sogno "quel giovanetto del quadro", come dichiarò allo zio prelato l'indomani mattina, riferendosi all'effigie di San Gabriele che il religioso teneva nel suo studio in canonica. Da allora la signora si reca ogni anno nel Santuario di Isola del Gran Sasso. San Gabriele è molto venerato nella Regione Marche, in modo particolare nella province di Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno. Una devozione particolare è nella Val di Chienti precisamente a Morrovalle dove ha fatto il noviziato nel convento dei Padri Passionisti e nella Citta' di Civitanova Marche, città natale della mamma del Santo. Qui il 13 maggio 1823 nel santuario di San Marone Martire si sposarono i suoi genitori Sante Possenti e Agnese Frisciotti. Il papà Sante amministrò per quattro anni questa città. Inoltre il giovane Gabriele soggiornò a Civitanova il 9 settembre 1856. A Lui è intitolata una parrocchia e la banda cittadina. San Gabriele dell'Addolorata è patrono della Citta' di Civitanova Marche assieme a San Marone Martire e Santa Maria Apparente. Inoltre a Civitanova sono anche custodite e venerate in artistici reliquiari tre Sacre Reliquie Insigni del giovane santo concittadino. Ogni anno, quando mancano cento giorni all'inizio dell'esame di Stato delle scuole secondarie di secondo grado, migliaia di studenti dell'Abruzzo e delle Regioni vicine si recano al santuario per partecipare alla messa e pregare per il buon esito dell'esame. Dopo la liturgia, all'esterno avviene la benedizione delle penne, con cui i diplomandi affronteranno l'esame scritto di maturità. La giornata si conclude in festosa allegria e serenità. Si ricorda che non esistono fotografie di Gabriele: i ritratti sono tutti postumi e pochi realizzati da chi lo ricordava in vita.
San Gabriele
Gabriele dell'Addolorata, al secolo Francesco Possenti (Assisi, 1º marzo 1838 – Isola del Gran Sasso d'Italia, 27 febbraio 1862), è stato un religioso italiano della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Proclamato santo nel 1920 da papa Benedetto XV, la sua memoria liturgica è celebrata il 27 febbraio. È patrono della regione Abruzzo, della Gioventù cattolica italiana e del comune di Martinsicuro e della città di Civitanova Marche e del Comune di Bovolenta (Padova).Undicesimo di tredici figli, Francesco nacque ad Assisi, città che il padre Sante Possenti, nobile ternano e governatore pontificio sotto Gregorio XVI prima, e Pio IX dopo, fu incaricato di presiedere. I genitori Sante Possenti ed Agnese Frisciotti si erano sposati a Civitanova Marche, città natale di lei, nel Santuario di San Marone, il 13 maggio 1823. All'età di quattro anni morì la madre, e la famiglia seguì i vari spostamenti che la professione paterna comportava. Questo fino a quando si stabilirono a Spoleto dove Francesco frequentò gli insegnamenti dei Fratelli delle scuole cristiane e dei Gesuiti[1]. Egli conduceva una vita normale per un ragazzo della sua età e della sua epoca. Era noto per la sua personalità affettuosa ed estroversa. Rischiò una volta la vita in un incidente di caccia. Come un qualunque giovane suo coetaneo Francesco attirava l'attenzione delle ragazze della città. Durante una malattia, ancora ragazzino, promise di diventare religioso se fosse guarito. Guarì due volte, ma egli procrastinò questo impegno. Francesco andava bene a scuola, nonostante un'infanzia marcata dalla morte di tre sorelle e soprattutto della madre.[«Voglio fare solo la volontà di Dio, non la mia. Possa essere sempre fatta l'adorabile, amabile, più perfetta volontà di Dio» (San Gabriele dell'Addolorata) La camera dove alloggiò l'8 luglio 1859, nella chiesa di Santa Maria a Mare a Giulianova L'urna con i resti di S. Gabriele nel moderno santuario Durante la processione dell'icona del duomo di Spoleto, il 22 agosto 1856, Francesco sentì una voce interiore (locuzione mariana) che lo invitava a lasciare la vita borghese per farsi religioso passionista. Nonostante le forti difficoltà presentategli dal padre, Sante Possenti, Francesco fu in grado di vincere tutti i suoi argomenti e di persuaderlo della natura genuina della sua vocazione religiosa. Francesco prese i voti nella comunità passionista, assumendo il nome di 'Gabriele dell'Addolorata', che rifletteva la sua devozione - radicata in lui fin dall'infanzia, tra l'altro, da una statuetta della Pietà che la madre conservava in casa - per la Madonna Addolorata. Al termine del noviziato pronunciò il voto tipico dei passionisti: quello di diffondere la devozione al Cristo Crocifisso, in seguito emise anche quello di diffondere la devozione alla Vergine Addolorata. I suoi scritti (epistolario e pagine di spiritualità) riflettono questa sua stretta relazione con il Signore e la Vergine Maria. In particolare, nelle Risoluzioni descrive in dettaglio la via che seguì per raggiungere tale unità con la Passione di Cristo e i dolori di Maria, conseguendo così la perfezione secondo la regola passionista.Trascorse sei anni nella congregazione passionista (1856-1862). Dopo studi filosofici a Pieve Torina, nelle Marche, si recò in Abruzzo per compiere studi teologici, trovando ospitalità, durante il viaggio dell'8 luglio, verso Isola del Gran Sasso, a Giulianova, nella chiesa di Santa Maria a Mare, ove è ancora conservata la camera in cui alloggiò. Verso gli ultimi due anni, quando era già in comunità a Isola del Gran Sasso d'Italia presso il ritiro della Concezione (1859-1862), venne colpito dalla tubercolosi ossea, ma si sforzò sempre di seguire in tutto la vita regolare conventuale compatibilmente con la sua situazione di malattia. Fino a due mesi precedenti la morte poté seguire le celebrazioni liturgiche. Mantenne fino alla fine la sua abituale serenità di animo, al punto che gli altri confratelli erano desiderosi di passare del tempo al suo capezzale, oltre ai normali doveri di assistenza. Gabriele si rassegnò totalmente alla sua morte imminente. Prima che potesse venire ordinato sacerdote, per motivi di salute e per i motivi politici (l'Abruzzo era da poco passato dal regno delle Due Sicilie al regno d'Italia), Gabriele morì, all'età di soli 24 anni, nel suo monastero passionista, stringendo al petto un'immagine della Madonna Addolorata. Ogni anno numerosi pellegrini si recano nel santuario di San Gabriele ad Isola del Gran Sasso per visitare la sua tomba e il convento dove visse gli ultimi anni, per accostarsi ai sacramenti della penitenza (confessione) e dell'eucaristia. Il culto di san Gabriele è diffuso soprattutto in Abruzzo, in Italia centrale, specialmente fra i giovani cattolici italiani, ed emigranti italiani ne hanno diffuso il culto anche negli Stati Uniti d'America, in America Centrale e Meridionale in Canada ed Australia. Il culto del santo viene spanto anche dalla Congregazione della passione di Gesù Cristo a cui appartenne Gabriele. Numerose persone hanno riferito di miracoli ottenuti attraverso la sua intercessione e patrocinio. Santa Gemma Galgani sostenne che per intercessione di san Gabriele era guarita da una grave malattia. Con il suo esempio la santa lucchese definì meglio la sua vocazione passionista. Un'altra testimonianza della mano miracolosa del giovane Santo proviene dal Veneto, ove vive la signora Albina Gomiero. Nipote di un ex-parroco Monsignore del trevigiano, narra che da piccola era ormai condannata a morire per una grave malattia. Fino alla notte in cui le apparve in sogno "quel giovanetto del quadro", come dichiarò allo zio prelato l'indomani mattina, riferendosi all'effigie di San Gabriele che il religioso teneva nel suo studio in canonica. Da allora la signora si reca ogni anno nel Santuario di Isola del Gran Sasso. San Gabriele è molto venerato nella Regione Marche, in modo particolare nella province di Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno. Una devozione particolare è nella Val di Chienti precisamente a Morrovalle dove ha fatto il noviziato nel convento dei Padri Passionisti e nella Citta' di Civitanova Marche, città natale della mamma del Santo. Qui il 13 maggio 1823 nel santuario di San Marone Martire si sposarono i suoi genitori Sante Possenti e Agnese Frisciotti. Il papà Sante amministrò per quattro anni questa città. Inoltre il giovane Gabriele soggiornò a Civitanova il 9 settembre 1856. A Lui è intitolata una parrocchia e la banda cittadina. San Gabriele dell'Addolorata è patrono della Citta' di Civitanova Marche assieme a San Marone Martire e Santa Maria Apparente. Inoltre a Civitanova sono anche custodite e venerate in artistici reliquiari tre Sacre Reliquie Insigni del giovane santo concittadino. Ogni anno, quando mancano cento giorni all'inizio dell'esame di Stato delle scuole secondarie di secondo grado, migliaia di studenti dell'Abruzzo e delle Regioni vicine si recano al santuario per partecipare alla messa e pregare per il buon esito dell'esame. Dopo la liturgia, all'esterno avviene la benedizione delle penne, con cui i diplomandi affronteranno l'esame scritto di maturità. La giornata si conclude in festosa allegria e serenità. Si ricorda che non esistono fotografie di Gabriele: i ritratti sono tutti postumi e pochi realizzati da chi lo ricordava in vita.
La Fortezza di Civitella del Tronto, situata a 600 m. s.l.m. in posizione strategica rispetto al vecchio confine settentrionale del Viceregno di Napoli con lo Stato Pontificio, è una delle più grandi e importanti opere di ingegneria militare d'Europa caratterizzata da una forma ellittica con un’estensione di 25.000 mq ed una lunghezza di oltre 500 m... La rocca aragonese, sorta su una probabile preesistenza medievale, fu completamente trasformata a partire dal 1564 da Filippo II d’Asburgo - re di Spagna - che, a seguito di un’eroica resistenza dei civitellesi contro le truppe francesi guidate dal Duca di Guisa, ordinò la costruzione della Fortezza, una struttura più sicura così come la vediamo oggi. Nel 1734, dalla dominazione degli Asburgo si passò a quella dei Borboni che operarono importanti modifiche alla struttura militare e si opposero valorosamente all'assedio dei francesi nel 1806 e a quello dei piemontesi del 1860/61. Dopo il 1861 la Fortezza venne lasciata in abbandono, depredata e demolita dagli stessi abitanti di Civitella del Tronto. Oggi la sua struttura è completamente visitabile, grazie ad un importate intervento di restauro curato dalla Sovrintendenza di L'Aquila (1975/1985). La visita si sviluppa attraverso tre camminamenti coperti, le vaste piazze d'armi, le cisterne (una delle quali visitabile), i lunghi camminamenti di ronda, i resti del Palazzo del Governatore, la Chiesa di San Giacomo e le caserme dei soldati. Notevole e suggestivo è il panorama che si gode dalla Fortezza a partire dal vecchio incasato sottostante con le singolari case-forti (Civitella del Tronto aderisce al circuito “I Borghi più belli d’Italia”), per proseguire con i massicci del Gran Sasso, della Laga, della Maiella, dei Monti Gemelli fino al Mare Adriatico. All'interno della Fortezza è visitabile il Museo delle Armi che si sviluppa su quattro sale dove sono conservate armi e mappe antiche, queste ultime connesse alle vicende storiche di Civitella del Tronto. Tra le armi si segnalano alcuni schioppi a miccia del XV secolo, pistole a pietra focaia, un cannone da campagna napoleonico e dei piccoli cannoni detti "falconetti" da marina.
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Fortress of Civitella del Tronto
Largo Vinciguerra
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La Fortezza di Civitella del Tronto, situata a 600 m. s.l.m. in posizione strategica rispetto al vecchio confine settentrionale del Viceregno di Napoli con lo Stato Pontificio, è una delle più grandi e importanti opere di ingegneria militare d'Europa caratterizzata da una forma ellittica con un’estensione di 25.000 mq ed una lunghezza di oltre 500 m... La rocca aragonese, sorta su una probabile preesistenza medievale, fu completamente trasformata a partire dal 1564 da Filippo II d’Asburgo - re di Spagna - che, a seguito di un’eroica resistenza dei civitellesi contro le truppe francesi guidate dal Duca di Guisa, ordinò la costruzione della Fortezza, una struttura più sicura così come la vediamo oggi. Nel 1734, dalla dominazione degli Asburgo si passò a quella dei Borboni che operarono importanti modifiche alla struttura militare e si opposero valorosamente all'assedio dei francesi nel 1806 e a quello dei piemontesi del 1860/61. Dopo il 1861 la Fortezza venne lasciata in abbandono, depredata e demolita dagli stessi abitanti di Civitella del Tronto. Oggi la sua struttura è completamente visitabile, grazie ad un importate intervento di restauro curato dalla Sovrintendenza di L'Aquila (1975/1985). La visita si sviluppa attraverso tre camminamenti coperti, le vaste piazze d'armi, le cisterne (una delle quali visitabile), i lunghi camminamenti di ronda, i resti del Palazzo del Governatore, la Chiesa di San Giacomo e le caserme dei soldati. Notevole e suggestivo è il panorama che si gode dalla Fortezza a partire dal vecchio incasato sottostante con le singolari case-forti (Civitella del Tronto aderisce al circuito “I Borghi più belli d’Italia”), per proseguire con i massicci del Gran Sasso, della Laga, della Maiella, dei Monti Gemelli fino al Mare Adriatico. All'interno della Fortezza è visitabile il Museo delle Armi che si sviluppa su quattro sale dove sono conservate armi e mappe antiche, queste ultime connesse alle vicende storiche di Civitella del Tronto. Tra le armi si segnalano alcuni schioppi a miccia del XV secolo, pistole a pietra focaia, un cannone da campagna napoleonico e dei piccoli cannoni detti "falconetti" da marina.
L'Acquapark Onda Blu di Tortoreto, esteso su una superficie di 120.000 mq., è dotato di attrezzature tra le più complete e variegate, sia in termini di giochi acquatici che di servizi offerti. Ecco tutti gli intrattenimenti: solarium, area verde, mini parco giochi, idromassaggio, laguna baby, piscina onde, piscina baby, Baby Foam, Twist, Boa, Drop, Foam Kamikaze con e senza gommone, Crazy Kamikaze, multipiste, torrente e Blue Hole, un tubo chiuso in cui scendere con gommoni mono-biposto. Fra i servizi sono da segnalare l'ampio parcheggio gratuito, gli armadietti per la custodia degli effetti personali, il ristorante self-service, il bar, un hotel per cani completamente gratuito, un bazar per il vostro shopping, area TV, foto point, primo soccorso.
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Onda Blu vandens parkas
14 Via dell' Industria
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L'Acquapark Onda Blu di Tortoreto, esteso su una superficie di 120.000 mq., è dotato di attrezzature tra le più complete e variegate, sia in termini di giochi acquatici che di servizi offerti. Ecco tutti gli intrattenimenti: solarium, area verde, mini parco giochi, idromassaggio, laguna baby, piscina onde, piscina baby, Baby Foam, Twist, Boa, Drop, Foam Kamikaze con e senza gommone, Crazy Kamikaze, multipiste, torrente e Blue Hole, un tubo chiuso in cui scendere con gommoni mono-biposto. Fra i servizi sono da segnalare l'ampio parcheggio gratuito, gli armadietti per la custodia degli effetti personali, il ristorante self-service, il bar, un hotel per cani completamente gratuito, un bazar per il vostro shopping, area TV, foto point, primo soccorso.
La più bella d’Italia è la Bike to Coast La ciclovia di 130 km lungo la costa abruzzese ha vinto l’edizione 2020 dell’Italian Green Road Award, l’Oscar del cicloturismo. Un itinerario noto per i diversi tratti di interesse naturalistico e per l’affascinante Costa dei trabocchi, ma attrattivo anche per il passaggio in borghi incantati, abbazie medievali e località ricche di storia e cultura come Ortona. Parte della Ciclovia Adriatica Per trovare la ciclabile più bella d’Italia si deve andare in Abruzzo. A vincere l’edizione 2020 dell’Italian Green Road Award, l’oscar del cicloturismo assegnato durante il CosmoBike Show di Verona, è stata la Bike to Coast. Un itinerario che collega Martinsicuro a San Salvo correndo lungo la costa adriatica per 131 km e reso celebre per il passaggio in zone ambientali di alto interesse, come l'area marina protetta Torre del Cerrano e le riserve naturali regionali di Ripari di Giobbe e di Punta Aderci. A dare notorietà al percorso è pure il tratto della Costa dei trabocchi, le antiche strutture su palafitte utilizzate in passato per la pesca e oggi in parte recuperate e dedite alla ristorazione o all’ospitalità dei turisti. A decretare il successo di Bike to Coast è pure la possibilità di raggiungere spiagge dall’acqua limpida difficilmente raggiungibili con altri mezzi o lidi dalla vivace movida, ma pure piccoli borghi come Rocca San Giovanni e abbazie medievali come San Giovanni in Venere. Da citare è pure Ortona, città di origine greco-romana, patria di artisti e custode nella sua Cattedrale delle reliquie di San Tommaso e del Castello Aragonese, una fortificazione a strapiombo sul mare ricca di fascino. Ad attrarre sono pure i sapori del cibo e del vino e la tradizionale ospitalità locale. Un premio, quello dell’Italian Green Road Award, dato anche per sostenere il completamento dell’opera in alcuni tratti di una ciclovia destinata a fare parte di un progetto più ampio. La Bike to Coast, infatti, è il tratto abruzzese della Ciclovia Adriatica, il percorso lungo il litorale che dovrebbe collegare Venezia a Lecce.
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Roseto degli Abruzzi
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La più bella d’Italia è la Bike to Coast La ciclovia di 130 km lungo la costa abruzzese ha vinto l’edizione 2020 dell’Italian Green Road Award, l’Oscar del cicloturismo. Un itinerario noto per i diversi tratti di interesse naturalistico e per l’affascinante Costa dei trabocchi, ma attrattivo anche per il passaggio in borghi incantati, abbazie medievali e località ricche di storia e cultura come Ortona. Parte della Ciclovia Adriatica Per trovare la ciclabile più bella d’Italia si deve andare in Abruzzo. A vincere l’edizione 2020 dell’Italian Green Road Award, l’oscar del cicloturismo assegnato durante il CosmoBike Show di Verona, è stata la Bike to Coast. Un itinerario che collega Martinsicuro a San Salvo correndo lungo la costa adriatica per 131 km e reso celebre per il passaggio in zone ambientali di alto interesse, come l'area marina protetta Torre del Cerrano e le riserve naturali regionali di Ripari di Giobbe e di Punta Aderci. A dare notorietà al percorso è pure il tratto della Costa dei trabocchi, le antiche strutture su palafitte utilizzate in passato per la pesca e oggi in parte recuperate e dedite alla ristorazione o all’ospitalità dei turisti. A decretare il successo di Bike to Coast è pure la possibilità di raggiungere spiagge dall’acqua limpida difficilmente raggiungibili con altri mezzi o lidi dalla vivace movida, ma pure piccoli borghi come Rocca San Giovanni e abbazie medievali come San Giovanni in Venere. Da citare è pure Ortona, città di origine greco-romana, patria di artisti e custode nella sua Cattedrale delle reliquie di San Tommaso e del Castello Aragonese, una fortificazione a strapiombo sul mare ricca di fascino. Ad attrarre sono pure i sapori del cibo e del vino e la tradizionale ospitalità locale. Un premio, quello dell’Italian Green Road Award, dato anche per sostenere il completamento dell’opera in alcuni tratti di una ciclovia destinata a fare parte di un progetto più ampio. La Bike to Coast, infatti, è il tratto abruzzese della Ciclovia Adriatica, il percorso lungo il litorale che dovrebbe collegare Venezia a Lecce.
Torna sabato 25 luglio nel borgo di Castelbasso la manifestazione estiva allestita dalla Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture, presieduta da Osvaldo Menegaz, che si protrarrà fino al 30 agosto. Da oltre vent’anni luogo di cultura tra i più prestigiosi della regione, Castelbasso riunisce in questo 2020 alcune delle organizzazioni fondamentali dell’Abruzzo, spaziando dalle arti visive alla musica, alla letteratura, per ribadire un ruolo centrale nella crescita qualitativa dell’offerta culturale. Saranno tre le mostre dislocate nei due edifici storici, palazzo De Sanctis e palazzo Clemente, e nella piazzetta De Sanctis. Le esposizioni sono a cura di Simone Ciglia e Pietro Gaglianò e sono state realizzate grazie all’affermazione dei progetti della Fondazione all’Italian Council e al premio Siae. Non mancheranno, come da tradizione, la musica di qualità, in collaborazione con la Società della musica e del teatro Primo Riccitelli di Teramo, l’Istituzione sinfonica abruzzese, e con l’organista Roberto Marini; e la letteratura, grazie al solido rapporto con il Fla, Festival di Libri e Altre cose di Pescara. La forma della terra – Geografia della ceramica contemporanea in Italia, a cura di Simone Ciglia, propone una mappatura delle possibilità contemporanee della ceramica, orientata sul territorio nazionale. La mostra è concepita come un viaggio attraverso i principali centri di produzione legati a questa tecnica, e che ha coinvolti alcuni tra i nomi più apprezzati dell’arte contemporanea: Mario Airò, Salvatore Arancio, Stefano Arienti, Bertozzi & Casoni, Enzo Cucchi, Flavio Favelli, Alberto Garutti, Liam Gillick, Piero Golia, Ugo La Pietra, Felice Levini, Emiliano Maggi, Eva Marisaldi, Gino Marotta, Mathieu Mercier, Matteo Nasini, Adrian Paci, Mimmo Paladino, Luca Patella, Giovanni Termini, Luca Trevisani, Vedovamazzei, Luca Vitone. Nell’ambito della mostra, inoltre, sarà presentata per la prima volta al pubblico italiano la nuova opera Modellare l’acqua di Mario Airò, realizzata nei laboratori ceramici di Castelli nel 2019-20 con l’apporto di Arago Design (Elisabetta Di Bucchianico e Dario Oggiano), e di Daniele Paoletti. Il progetto è stato realizzato grazie al co-finanziamento del bando Italian Council, ideato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo. L’installazione, esposta in anteprima allo spazio Bazament di Tirana (in collaborazione con l’Istituto Italiano di cultura di Tirana), è destinata a far parte della collezione permanente del Museo Internazionale della ceramica in Faenza. Sarà presente l’artista # 2 Mario Airò, sempre a cura di Ciglia, vede protagonista l’artista che ha incentrato la propria riflessione sul tema dello spazio. Un nucleo di lavori che – muovendosi liberamente fra epoche, autori e tecniche – si confrontano con le questioni dell’ambiente, del luogo e dell’intervento nel contesto espositivo, centrali anche nella sua ricerca. Le chiavi e la soglia è un’opera dell’artista Alessandro Fonte, a cura di Pietro Gaglianò, vincitrice del premio Siae Per chi crea. Il lavoro, installato in piazzetta De Sanctis, è stato pensato espressamente per la comunità di Castelbasso, per la sua forma, le sue architetture e i suoi abitanti. Nato da un approfondito dialogo con le donne e gli uomini del borgo, il progetto indaga i rapporti tra la dimensione pubblica e quella privata, un confine che nei piccoli centri dell’area mediterranea spesso sfuma in una condivisione degli spazi. Le chiavi del titolo sono state raccolte casa per casa, chiavi ora inutili di porte che non esistono, abbandonate ma non dimenticate; il loro metallo, unito a un’alta percentuale di bronzo, ora ha la forma di una campana – fusa nella Pontificia fonderia Marinelli, di Agnone, con una storia di oltre mille anni di attività – che suona con la voce dei luoghi e dei volti scomparsi. Anche le sedie, capitolo parallelo e complementare di quest’opera, provengono dalle abitazioni di Castelbasso. La loro forma, carica di memorie, è stata riprodotta e poi distorta per diventare una seduta pubblica, realizzata dalla Meccanica DB6 di Civitella del Tronto, evocando la consueta presenza delle sedie sulle soglie delle dimore che nel mezzogiorno ampliano lo spazio conviviale all’intera comunità. Con questo progetto, infine, si rafforza l’intento della Fondazione Menegaz di valorizzare l’artigianato locale, connubio tra arte contemporanea e artigianato abruzzese, operazione avviata già da alcuni anni e ribadita in questa edizione anche dall’opera Modellare l’acqua. Il primo appuntamento è quello fissato domenica 26 luglio, alle 21,30, al belvedere dove (nel rispetto di tutte le norme anti Covid) l’Orchestra sinfonica abruzzese, diretta da Roberto Molinelli, eseguirà “Paganini in swing”, con il violino solista di Ettore Pellegrino e il trio Nosso Brasil. Per la sezione Musica, curata dalla Primo Riccitelli di Teramo, ogni sabato di agosto (ad eccezione del 15) si esibiranno, nell’ordine, Bungaro, Amalia Grè, Nick the Nightfly, Renzo Rubino & Raffaele Casarano. Consueta parata di star della parola scritta per gli appuntamenti realizzati con il Fla di Pescara nei venerdì dal 31 luglio al 28 agosto (ad eccezione del 14). Le serate con l’organo, curate da Roberto Marini, infine, si terranno nelle domeniche del 9 e del 23 agosto. Con il patrocinio e il contributo di: Regione Abruzzo, Fondazione Tercas, Provincia di Teramo, Comune di Castellalto, Consorzio dei Comuni del Bim, Camera di commercio Teramo, Falone Costruzioni E.R., Intesa Sanpaolo. Per informazioni 0861-508000 o info@fondazionemenegaz.it, www.fondazionemenegaz.it.
Castelbasso
Torna sabato 25 luglio nel borgo di Castelbasso la manifestazione estiva allestita dalla Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture, presieduta da Osvaldo Menegaz, che si protrarrà fino al 30 agosto. Da oltre vent’anni luogo di cultura tra i più prestigiosi della regione, Castelbasso riunisce in questo 2020 alcune delle organizzazioni fondamentali dell’Abruzzo, spaziando dalle arti visive alla musica, alla letteratura, per ribadire un ruolo centrale nella crescita qualitativa dell’offerta culturale. Saranno tre le mostre dislocate nei due edifici storici, palazzo De Sanctis e palazzo Clemente, e nella piazzetta De Sanctis. Le esposizioni sono a cura di Simone Ciglia e Pietro Gaglianò e sono state realizzate grazie all’affermazione dei progetti della Fondazione all’Italian Council e al premio Siae. Non mancheranno, come da tradizione, la musica di qualità, in collaborazione con la Società della musica e del teatro Primo Riccitelli di Teramo, l’Istituzione sinfonica abruzzese, e con l’organista Roberto Marini; e la letteratura, grazie al solido rapporto con il Fla, Festival di Libri e Altre cose di Pescara. La forma della terra – Geografia della ceramica contemporanea in Italia, a cura di Simone Ciglia, propone una mappatura delle possibilità contemporanee della ceramica, orientata sul territorio nazionale. La mostra è concepita come un viaggio attraverso i principali centri di produzione legati a questa tecnica, e che ha coinvolti alcuni tra i nomi più apprezzati dell’arte contemporanea: Mario Airò, Salvatore Arancio, Stefano Arienti, Bertozzi & Casoni, Enzo Cucchi, Flavio Favelli, Alberto Garutti, Liam Gillick, Piero Golia, Ugo La Pietra, Felice Levini, Emiliano Maggi, Eva Marisaldi, Gino Marotta, Mathieu Mercier, Matteo Nasini, Adrian Paci, Mimmo Paladino, Luca Patella, Giovanni Termini, Luca Trevisani, Vedovamazzei, Luca Vitone. Nell’ambito della mostra, inoltre, sarà presentata per la prima volta al pubblico italiano la nuova opera Modellare l’acqua di Mario Airò, realizzata nei laboratori ceramici di Castelli nel 2019-20 con l’apporto di Arago Design (Elisabetta Di Bucchianico e Dario Oggiano), e di Daniele Paoletti. Il progetto è stato realizzato grazie al co-finanziamento del bando Italian Council, ideato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo. L’installazione, esposta in anteprima allo spazio Bazament di Tirana (in collaborazione con l’Istituto Italiano di cultura di Tirana), è destinata a far parte della collezione permanente del Museo Internazionale della ceramica in Faenza. Sarà presente l’artista # 2 Mario Airò, sempre a cura di Ciglia, vede protagonista l’artista che ha incentrato la propria riflessione sul tema dello spazio. Un nucleo di lavori che – muovendosi liberamente fra epoche, autori e tecniche – si confrontano con le questioni dell’ambiente, del luogo e dell’intervento nel contesto espositivo, centrali anche nella sua ricerca. Le chiavi e la soglia è un’opera dell’artista Alessandro Fonte, a cura di Pietro Gaglianò, vincitrice del premio Siae Per chi crea. Il lavoro, installato in piazzetta De Sanctis, è stato pensato espressamente per la comunità di Castelbasso, per la sua forma, le sue architetture e i suoi abitanti. Nato da un approfondito dialogo con le donne e gli uomini del borgo, il progetto indaga i rapporti tra la dimensione pubblica e quella privata, un confine che nei piccoli centri dell’area mediterranea spesso sfuma in una condivisione degli spazi. Le chiavi del titolo sono state raccolte casa per casa, chiavi ora inutili di porte che non esistono, abbandonate ma non dimenticate; il loro metallo, unito a un’alta percentuale di bronzo, ora ha la forma di una campana – fusa nella Pontificia fonderia Marinelli, di Agnone, con una storia di oltre mille anni di attività – che suona con la voce dei luoghi e dei volti scomparsi. Anche le sedie, capitolo parallelo e complementare di quest’opera, provengono dalle abitazioni di Castelbasso. La loro forma, carica di memorie, è stata riprodotta e poi distorta per diventare una seduta pubblica, realizzata dalla Meccanica DB6 di Civitella del Tronto, evocando la consueta presenza delle sedie sulle soglie delle dimore che nel mezzogiorno ampliano lo spazio conviviale all’intera comunità. Con questo progetto, infine, si rafforza l’intento della Fondazione Menegaz di valorizzare l’artigianato locale, connubio tra arte contemporanea e artigianato abruzzese, operazione avviata già da alcuni anni e ribadita in questa edizione anche dall’opera Modellare l’acqua. Il primo appuntamento è quello fissato domenica 26 luglio, alle 21,30, al belvedere dove (nel rispetto di tutte le norme anti Covid) l’Orchestra sinfonica abruzzese, diretta da Roberto Molinelli, eseguirà “Paganini in swing”, con il violino solista di Ettore Pellegrino e il trio Nosso Brasil. Per la sezione Musica, curata dalla Primo Riccitelli di Teramo, ogni sabato di agosto (ad eccezione del 15) si esibiranno, nell’ordine, Bungaro, Amalia Grè, Nick the Nightfly, Renzo Rubino & Raffaele Casarano. Consueta parata di star della parola scritta per gli appuntamenti realizzati con il Fla di Pescara nei venerdì dal 31 luglio al 28 agosto (ad eccezione del 14). Le serate con l’organo, curate da Roberto Marini, infine, si terranno nelle domeniche del 9 e del 23 agosto. Con il patrocinio e il contributo di: Regione Abruzzo, Fondazione Tercas, Provincia di Teramo, Comune di Castellalto, Consorzio dei Comuni del Bim, Camera di commercio Teramo, Falone Costruzioni E.R., Intesa Sanpaolo. Per informazioni 0861-508000 o info@fondazionemenegaz.it, www.fondazionemenegaz.it.
Lo stabilimento Bagno Oltremare offre alla propria clientela, distinguendosi per questo dalle altre strutture, numerose e variegate attività attrattive tra le quali elenchiamo: Mini Club Corsi di Meditazione Corsi di Beach Tennis e Beach Volley Escursioni organizzate di Mountain Bike e su strada Visite enogastronomiche presso Frantoi e Cantine Mini Club Presso il Baby Parking si organizzano attività didattiche indirizzate ai bambini di ogni fascia di età, dalle ore 9.00 alle ore 12.00 della mattina, tutti i giorni: disegno, inglese, mini escursioni guidate, attività ludiche, giochi di società, creazioni artistiche che verranno poi esposte presso il parco giochi. Corsi di Meditazione La Dott.ssa Sara D'Alessandro vi accompagnerà nel percorso di meditazione, che si terrà tutte le settimane, nel giorno del giovedì, alla modica cifra di €. 5,00, che si svolgerà sulla spiaggia del Bagno Oltremare ed a cui seguirà una colazione ricca di tisane e prodotti senza grassi saturi. Corsi di Beach Tennis e di Beach Volley I Corsi di Beach Tennis e di Beach Volley sono organizzati periodicamente nel corso di tutta la stagione estiva. Escursioni organizzate di mountain bike e su strada . Lo staff Jakymajo, con a capo le guide Paolo Maiolo ed Antonio Zitti, vi accompagneranno allo scoperta di percorsi naturalistici, sia nelle zone limitrofe che presso il Parco Nazionale del Gran Sasso. Visite Enogastronimiche presso frantoi e cantine Nell'arco della stagione verranno organizzate escursioni presso cantine e frantoi, alla scoperta di prodotti tipici locali ed, in particolare, vino ed olio.
Bagno Oltremare
10 Lungomare Trento
Lo stabilimento Bagno Oltremare offre alla propria clientela, distinguendosi per questo dalle altre strutture, numerose e variegate attività attrattive tra le quali elenchiamo: Mini Club Corsi di Meditazione Corsi di Beach Tennis e Beach Volley Escursioni organizzate di Mountain Bike e su strada Visite enogastronomiche presso Frantoi e Cantine Mini Club Presso il Baby Parking si organizzano attività didattiche indirizzate ai bambini di ogni fascia di età, dalle ore 9.00 alle ore 12.00 della mattina, tutti i giorni: disegno, inglese, mini escursioni guidate, attività ludiche, giochi di società, creazioni artistiche che verranno poi esposte presso il parco giochi. Corsi di Meditazione La Dott.ssa Sara D'Alessandro vi accompagnerà nel percorso di meditazione, che si terrà tutte le settimane, nel giorno del giovedì, alla modica cifra di €. 5,00, che si svolgerà sulla spiaggia del Bagno Oltremare ed a cui seguirà una colazione ricca di tisane e prodotti senza grassi saturi. Corsi di Beach Tennis e di Beach Volley I Corsi di Beach Tennis e di Beach Volley sono organizzati periodicamente nel corso di tutta la stagione estiva. Escursioni organizzate di mountain bike e su strada . Lo staff Jakymajo, con a capo le guide Paolo Maiolo ed Antonio Zitti, vi accompagneranno allo scoperta di percorsi naturalistici, sia nelle zone limitrofe che presso il Parco Nazionale del Gran Sasso. Visite Enogastronimiche presso frantoi e cantine Nell'arco della stagione verranno organizzate escursioni presso cantine e frantoi, alla scoperta di prodotti tipici locali ed, in particolare, vino ed olio.

Offerta gastronomica

Una storia da raccontare Quella del Ristorante è una storia che nasce con un’intuizione di Marco Manetta: proporre una cucina che sia essenzialmente ricerca del nuovo, esaltando i sapori invece di nasconderli con l’eccesso. Le prime ispirazioni arrivano dalla cucina genuina e ricercata della madre e dall’esigente selezione delle materie prime di produzione diretta del padre. Dopo le prime esperienze di successo nella gestione del Gran Caffè Centrale di Roseto e della ristorazione di un importante chalet sulla costa, nel 2010 si realizza il sogno di dar vita a un ristorante completamente nuovo, sorprendente e assolutamente unico. Nel 2011 arriva una vera svolta poiché alla cucina di Marco si unisce il talento per la pasticceria fresca e secca di Maruska, mentre la carta di vini e liquori si impreziosisce per esaltare ogni piatto. L’ingresso di Maruska è un ulteriore passo verso l’eccellenza, con il suo straordinario bagaglio di esperienza, maestria e capacità di organizzare e sviluppare un servizio impeccabile.
Ristorante Manetta di Manetta Marco Sas
15 Via Somalia
Una storia da raccontare Quella del Ristorante è una storia che nasce con un’intuizione di Marco Manetta: proporre una cucina che sia essenzialmente ricerca del nuovo, esaltando i sapori invece di nasconderli con l’eccesso. Le prime ispirazioni arrivano dalla cucina genuina e ricercata della madre e dall’esigente selezione delle materie prime di produzione diretta del padre. Dopo le prime esperienze di successo nella gestione del Gran Caffè Centrale di Roseto e della ristorazione di un importante chalet sulla costa, nel 2010 si realizza il sogno di dar vita a un ristorante completamente nuovo, sorprendente e assolutamente unico. Nel 2011 arriva una vera svolta poiché alla cucina di Marco si unisce il talento per la pasticceria fresca e secca di Maruska, mentre la carta di vini e liquori si impreziosisce per esaltare ogni piatto. L’ingresso di Maruska è un ulteriore passo verso l’eccellenza, con il suo straordinario bagaglio di esperienza, maestria e capacità di organizzare e sviluppare un servizio impeccabile.
L'idea del Ristorante Diffuso “Il mio primo progetto prevedeva la creazione di un albergo diffuso a Montepagano. Subito dopo realizzai che l’albergo aveva bisogno anche di un ristorante. Intanto, il destino mi aveva fatto incontrare Davide Pezzuto che, durante il suo periodo sabbatico, era alla ricerca di stimoli interessanti. Mentre raccontavo a Davide quello che stavo facendo, gli arrivavano proposte da famosi ristoranti di metropoli italiane ed estere. Sinceramente, pensavo di non avere molte possibilità di suscitare il suo interesse. Alla fine gli dissi “chef, il mio piccolo borgo è ben diverso da Tokio, Parigi, Roma, ma ha tanta storia da raccontare e noi possiamo contribuire alla sua rinascita. E poi, c’è una campagna di venti ettari a completa disposizione del ristorante”. Non dovetti aggiungere altro. Davide accettò di condividere il mio progetto e il suo contributo fu subito prezioso. Dopo pochi giorni, gli venne l’idea del ristorante diffuso, con le stesse caratteristiche dell’albergo che stava nascendo. Si tratta, infatti, di ambienti situati in diverse strutture dell’antico quartiere militare. Si possono prenotare a seconda dell’esperienza che si vuole vivere (la lounge, la saletta con il camino, la sala principale, il privèe Noi Due, la cantina, la sala per eventi). La cucina è centralizzata. Un format originale e, al momento, unico nel mondo della ristorazione. Un’idea che va oltre un semplice progetto commerciale”. Nuccia De Angelis
D.One
1 Via del Borgo
L'idea del Ristorante Diffuso “Il mio primo progetto prevedeva la creazione di un albergo diffuso a Montepagano. Subito dopo realizzai che l’albergo aveva bisogno anche di un ristorante. Intanto, il destino mi aveva fatto incontrare Davide Pezzuto che, durante il suo periodo sabbatico, era alla ricerca di stimoli interessanti. Mentre raccontavo a Davide quello che stavo facendo, gli arrivavano proposte da famosi ristoranti di metropoli italiane ed estere. Sinceramente, pensavo di non avere molte possibilità di suscitare il suo interesse. Alla fine gli dissi “chef, il mio piccolo borgo è ben diverso da Tokio, Parigi, Roma, ma ha tanta storia da raccontare e noi possiamo contribuire alla sua rinascita. E poi, c’è una campagna di venti ettari a completa disposizione del ristorante”. Non dovetti aggiungere altro. Davide accettò di condividere il mio progetto e il suo contributo fu subito prezioso. Dopo pochi giorni, gli venne l’idea del ristorante diffuso, con le stesse caratteristiche dell’albergo che stava nascendo. Si tratta, infatti, di ambienti situati in diverse strutture dell’antico quartiere militare. Si possono prenotare a seconda dell’esperienza che si vuole vivere (la lounge, la saletta con il camino, la sala principale, il privèe Noi Due, la cantina, la sala per eventi). La cucina è centralizzata. Un format originale e, al momento, unico nel mondo della ristorazione. Un’idea che va oltre un semplice progetto commerciale”. Nuccia De Angelis
A pochi passi dal mare, circondato da un bel giardino, un locale accogliente dall'arredo classico. In tavola vengono proposti i sapori della cucina locale tra antipastini di mare crudi, guazzetto di vongole e pescatrici, scampi all'arrabbiata in bianco con rosmarino, dolci fatti in casa tra cui pepatelli, crostate di frutta, zeppole, sorbetti e gelati fatti in casa. La prenotazione è consigliata
8 vietiniai rekomenduoja
Ristorante Albergo Vecchia Marina
37 Lungomare Trento
8 vietiniai rekomenduoja
A pochi passi dal mare, circondato da un bel giardino, un locale accogliente dall'arredo classico. In tavola vengono proposti i sapori della cucina locale tra antipastini di mare crudi, guazzetto di vongole e pescatrici, scampi all'arrabbiata in bianco con rosmarino, dolci fatti in casa tra cui pepatelli, crostate di frutta, zeppole, sorbetti e gelati fatti in casa. La prenotazione è consigliata
IL SUSHI
Sushita
3 Via Thaulero
IL SUSHI
Gli arrosticini, detti anche rustell' o rustelle in diversi dialetti abruzzesi, sono spiedini di carne di castrato, tipici dell'Appennino, in particolare della cucina abruzzese. Sono strettamente legati alla tradizione pastorale dell'Abruzzo e al conseguente consumo di carne ovina. Diffusi in tutta la regione soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, il loro luogo d'origine è spesso ricondotto alla fascia sud-orientale del Gran Sasso d'Italia, nella zona dalla Piana del Voltigno (Villa Celiera), al confine tra le province di L'Aquila, Teramo e Pescara. Gli arrosticini sono espressione culinaria della pastorizia stanziale e non della transumanza, come si è ritenuto in passato: leggenda narra che furono inventati negli anni '30 da due pastori del Voltigno, area montuosa compresa tra Carpineto della Nora, Villa Celiera e Civitella Casanova, che tagliarono carne di pecora vecchia in piccoli pezzi per non sprecare cibo, prendendone anche dalle zone vicine alle ossa dell'animale. I piccoli pezzettini di carne sarebbero diventati spiedini venendo inseriti su bastoncini di legno di “vingh”, una pianta che cresce spontanea lungo le rive del fiume Pescara, per poi essere cucinati alla brace all’aperto. Il metodo di preparazione degli arrosticini, originariamente pensato per cercare di rendere appetibili i tagli di carne meno pregiati, ottenne risultati così apprezzabili da essere applicato ben presto ai tagli migliori.[3] Secondo la tradizione pastorale il vero arrosticino abruzzese è composto di carne ovina, idealmente di carne di pecora giovane chiamata in dialetto “ciavarra” o di montone castrato. Ad oggi gli arrosticini sono ampiamente consumati anche al di fuori dell'Abruzzo e in alcune zone d'Italia si sono affermati nella vendita di grande distribuzione, spesso venendo meno alla qualità e alle caratteristiche care alla tradizione abruzzese.
Arrosticini
28 Via Salara
Gli arrosticini, detti anche rustell' o rustelle in diversi dialetti abruzzesi, sono spiedini di carne di castrato, tipici dell'Appennino, in particolare della cucina abruzzese. Sono strettamente legati alla tradizione pastorale dell'Abruzzo e al conseguente consumo di carne ovina. Diffusi in tutta la regione soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, il loro luogo d'origine è spesso ricondotto alla fascia sud-orientale del Gran Sasso d'Italia, nella zona dalla Piana del Voltigno (Villa Celiera), al confine tra le province di L'Aquila, Teramo e Pescara. Gli arrosticini sono espressione culinaria della pastorizia stanziale e non della transumanza, come si è ritenuto in passato: leggenda narra che furono inventati negli anni '30 da due pastori del Voltigno, area montuosa compresa tra Carpineto della Nora, Villa Celiera e Civitella Casanova, che tagliarono carne di pecora vecchia in piccoli pezzi per non sprecare cibo, prendendone anche dalle zone vicine alle ossa dell'animale. I piccoli pezzettini di carne sarebbero diventati spiedini venendo inseriti su bastoncini di legno di “vingh”, una pianta che cresce spontanea lungo le rive del fiume Pescara, per poi essere cucinati alla brace all’aperto. Il metodo di preparazione degli arrosticini, originariamente pensato per cercare di rendere appetibili i tagli di carne meno pregiati, ottenne risultati così apprezzabili da essere applicato ben presto ai tagli migliori.[3] Secondo la tradizione pastorale il vero arrosticino abruzzese è composto di carne ovina, idealmente di carne di pecora giovane chiamata in dialetto “ciavarra” o di montone castrato. Ad oggi gli arrosticini sono ampiamente consumati anche al di fuori dell'Abruzzo e in alcune zone d'Italia si sono affermati nella vendita di grande distribuzione, spesso venendo meno alla qualità e alle caratteristiche care alla tradizione abruzzese.
A conduzione familiare, elegante nella sua semplicità, accogliente, con fiori freschi sui tavoli e grande dehors estivo tra gli ulivi. Propone una cucina tradizionale con influssi partenopei, a base di materie prime di qualità, di cui è rispettata la stagionalità e che l'estro e l'abilità dello chef trasformano in piatti gustosi. Qualche proposta: i tortelli ripieni di carne con puntarelle romane pomodoro arrostito e olive taggiasche o il girello di vitello cotto al punto rosa con cipolle di Tropea e salsa verde
Osteria degli Ulivi
Via Fornaci
A conduzione familiare, elegante nella sua semplicità, accogliente, con fiori freschi sui tavoli e grande dehors estivo tra gli ulivi. Propone una cucina tradizionale con influssi partenopei, a base di materie prime di qualità, di cui è rispettata la stagionalità e che l'estro e l'abilità dello chef trasformano in piatti gustosi. Qualche proposta: i tortelli ripieni di carne con puntarelle romane pomodoro arrostito e olive taggiasche o il girello di vitello cotto al punto rosa con cipolle di Tropea e salsa verde
IMPASTATORI POMPETTI (tropicaldue)
21 Via Guglielmo Marconi
Una cena suggestiva .... Dalla cantina di uno dei palazzi del centro storico, si accede alla Neviera, una grotta, posta al di sotto del piano stradale, scavata nel terreno argilloso e rifinita in muratura, risalente al medioevo e perfettamente conservata. Un piccolo miracolo di ingegneria, che testimonia la grande capacità che gli antichi abitanti del borgo avevano di sfruttare le scarse risorse in loro possesso. Un corridoio piuttosto scosceso, realizzato a gradini bassi e interamente lastricato di ciottoli, scende fino all’ambiente principale, di pianta irregolarmente circolare, anch’esso con pavimento selciato e circondato da nicchie scavate nelle pareti. La copertura è realizzata mediante volte, a botte quella del corridoio, a crociera quella della sala. Realizzata intorno al 1100, la grotta, che naturalmente mantiene una temperatura costante e fresca anche d’estate, era utilizzata per la frollatura delle carni: un vero e proprio “frigorifero dell’antichità”. Lungo il corridoio si portava, a dorso di mulo, la neve dell’invernata, che veniva quindi sistemata, alternandola a strati di paglia – che fungeva da materiale isolante – su tutto il pavimento della sala e nelle nicchie laterali. In questo ambiente la carne e le vivande si conservavano per mesi, fino allo scioglimento della neve che, liquefatta, veniva convogliata, da canaletti e dislivelli sul pavimento, in una cisterna laterale che scende ulteriormente di qualche metro al disotto del piano di calpestio. Questo metodo di conservazione della carne si deve ai Saraceni, che, ancora una volta, si legano alle origini del paese di Canzano: sarebbero stati proprio i Saraceni a fondare il paese nel sito in cui sorge oggi, secondo la tradizione che rivive nel gonfalone del paese, che presenta la testa di un moro, di profilo, bardata di rosso e coronata. Quella della Neviera, naturalmente, era una comodità che non tutti potevano permettersi, appannaggio di pochi facoltosi, che oggi resta come testimonianza dell’antica idea di lusso. Il paese ospita diverse costruzioni di questo tipo, al di sotto dei palazzi delle antiche famiglie nobili del borgo, che a volte erano collegate tra loro, come dimostra l’abbozzo di un tunnel, il cui scavo non è stato mai terminato, che si apre su un lato dell’unica neviera oggi visibile, perché meglio conservata. Quest’ultima, infatti, fu murata alla fine dell’ottocento e ritrovata quasi un secolo dopo durante i lavori di restauro del nuovo proprietario della cantina, grazie ai racconti di un anziano del paese.
Rist. La Tacchinella Di Fidanza
18 Via Roma
Una cena suggestiva .... Dalla cantina di uno dei palazzi del centro storico, si accede alla Neviera, una grotta, posta al di sotto del piano stradale, scavata nel terreno argilloso e rifinita in muratura, risalente al medioevo e perfettamente conservata. Un piccolo miracolo di ingegneria, che testimonia la grande capacità che gli antichi abitanti del borgo avevano di sfruttare le scarse risorse in loro possesso. Un corridoio piuttosto scosceso, realizzato a gradini bassi e interamente lastricato di ciottoli, scende fino all’ambiente principale, di pianta irregolarmente circolare, anch’esso con pavimento selciato e circondato da nicchie scavate nelle pareti. La copertura è realizzata mediante volte, a botte quella del corridoio, a crociera quella della sala. Realizzata intorno al 1100, la grotta, che naturalmente mantiene una temperatura costante e fresca anche d’estate, era utilizzata per la frollatura delle carni: un vero e proprio “frigorifero dell’antichità”. Lungo il corridoio si portava, a dorso di mulo, la neve dell’invernata, che veniva quindi sistemata, alternandola a strati di paglia – che fungeva da materiale isolante – su tutto il pavimento della sala e nelle nicchie laterali. In questo ambiente la carne e le vivande si conservavano per mesi, fino allo scioglimento della neve che, liquefatta, veniva convogliata, da canaletti e dislivelli sul pavimento, in una cisterna laterale che scende ulteriormente di qualche metro al disotto del piano di calpestio. Questo metodo di conservazione della carne si deve ai Saraceni, che, ancora una volta, si legano alle origini del paese di Canzano: sarebbero stati proprio i Saraceni a fondare il paese nel sito in cui sorge oggi, secondo la tradizione che rivive nel gonfalone del paese, che presenta la testa di un moro, di profilo, bardata di rosso e coronata. Quella della Neviera, naturalmente, era una comodità che non tutti potevano permettersi, appannaggio di pochi facoltosi, che oggi resta come testimonianza dell’antica idea di lusso. Il paese ospita diverse costruzioni di questo tipo, al di sotto dei palazzi delle antiche famiglie nobili del borgo, che a volte erano collegate tra loro, come dimostra l’abbozzo di un tunnel, il cui scavo non è stato mai terminato, che si apre su un lato dell’unica neviera oggi visibile, perché meglio conservata. Quest’ultima, infatti, fu murata alla fine dell’ottocento e ritrovata quasi un secolo dopo durante i lavori di restauro del nuovo proprietario della cantina, grazie ai racconti di un anziano del paese.